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Che le imprese non siano nuclei chiusi e impermeabili al resto della collettività è un fatto noto. Le conseguenze, al contrario, possono essere imprevedibili come l’uragano teorizzato dalla fantascienza.

Imprese e brand non possono più permettersi indifferenza nei confronti delle questioni sociali, culturali ed economiche. La conseguenza è che parlare ad azionisti, clienti e dipendenti, sempre necessario, non è più sufficiente: il novero di chi conta per un’azienda include nuovi gruppi di stakeholder quando non l’intera società, nel senso più ampio immaginabile.

L’approccio consigliato è quindi più inclusivo e prevede di mappare i portatori di interesse secondo tre parametri, il potere, la legittimità e l’urgenza. La sovrapposizione di due o più parametri forma gruppi a crescente rilevanza: i dipendenti o i fornitori dell’azienda, ad esempio, hanno sia il potere sia la legittimità di esercitare un’influenza sull’organizzazione, mentre le comunità locali che vivono nei pressi di un sito produttivo ad impatto ambientale possono avere urgenza e legittimità. Gli azionisti e le istituzioni sono infine esempi di gruppi che detengono tutti e tre i gli attributi.

Da questa prospettiva è evidente che chiunque, a livello individuale o collettivo, è o può diventare portatore d’interesse per un’ impresa. E avere quindi la potenzialità di porre una “condizione”, in alcuni casi alla prosperità, in altri persino alla sua stessa sussistenza: con ciascuno è opportuno comunicare in modo continuativo, tenendo presente che anche non farlo è un atto comunicativo, ma di segno quasi sempre negativo.

 

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Se qualche anno fa l’obiettivo era prevenire la minaccia, oggi siamo più ambiziosi, vogliamo trasformarla in risorsa.

Le strategie a crescente livello di engagement, informativa, persuasiva o di dialogo, muovono dalla necessità di comunicare con tutti, modulando la frequenza, il media, il tono di voce e il contenuto a seconda della rilevanza. I media digitali offrono uno spettro completo di possibilità e incroci, permettendo di creare e mantenere un dialogo costante a tutela dell’immagine dell’azienda verso l’ambiente esterno. Anticipando e, possibilmente prevenendo, le crisi di reputazione.

 

 

Potere

Pur non avendo interazioni dirette con l’azienda, il mare magnum formato dal pubblico generale ha il non trascurabile potere di richiamare l’attenzione dei media su di essa, e se questo avviene, può acquisire anche legittimità e urgenza: una strategia informativa potrebbe essere utile per creare consapevolezza sulle politiche e sulle decisioni dell’azienda, in modo che vengano innanzitutto comprese.

Prima di qualsiasi social, il sito corporate è il motore di questo tipo di strategia basata sull’informazione. Nella nostra esperienza, è fondamentale immergerlo sempre nel suo contesto geografico a livello di lingua, contenuti e indicizzazione. I siti global in lingua inglese sono infatti idealmente destinati agli utenti che parlano lingue minori, o lingue di Paesi nei quali l’azienda non è presente. Se esiste una rappresentanza locale, la vetrina web dovrebbe parlare a quella comunità in una lingua vicina. Non si tratta di una questione puramente linguistica: molte multinazionali lasciano poco spazio alla creazione di nuovi contenuti da parte delle filiali, o applicano procedure di approvazione particolarmente scoraggianti. Ma il risultato della traduzione letterale di contenuti “distanti” si percepisce sia in modo razionale che subliminale, provocando un senso di estraneità nel visitatore. Il contrario di quanto potrebbe tornare utile.

Di più, ignorare sul web le questioni conflittuali può equivalere a un secco no comment nella vita reale. Ecco una domanda ragionevole da porsi:

E’ più importante valorizzare le scelte aziendali felici o motivare quelle più controverse?

Sul sito corporate possiamo fare entrambe le cose, plasmandolo, a seconda delle circostanze, in uno strumento di promozione o di difesa. Le piattaforme aziendali sono infatti anche una delle fonti del giornalismo d’inchiesta. Per le aziende che conducono animal testing, ad esempio, può essere lungimirante giocare d’anticipo offendo una propria versione, piuttosto che balzare a freddo agli onori della cronaca: è successo alla “sporca dozzina” descritta in un famoso sito animalista, che ha pubblicato il proprio personale elenco delle peggiori aziende in termini di sofferenze arrecate agli animali, con tanto di nomi e cognomi dei CEO.

Potere e Legittimità

Dipendenti, clienti, azionisti, fornitori e istituzioni hanno il potere, ma anche la legittimità di esercitare un’influenza sull’azienda. In virtù del loro legame prioritario, il grado di engagement dovrebbe elevarsi, attraverso una strategia di comunicazione persuasiva e bidirezionale, utilizzando ad esempio i social per avere feedback continuativi e immediati. Forme di interazione più indirette e improntate all’utilità sono secondo noi indicate per i settori dove la comunicazione verso l’utilizzatore finale è regolamentata, come il farmaceutico.

I progetti che vanno in questa direzione sono, ad esempio, le comunità online di condivisione e interazione dedicate ai pazienti, in grado di dare valore a molti portatori di interesse:

  • Il paziente può mantenere il controllo sulla propria malattia, monitorare la compliance alle terapie, superare l’isolamento, potendo comunicare con clinici e con altri pazienti in modalità protetta; il tutto nel rispetto più rigoroso della privacy propria e altrui;
  • I medici approfondiscono gli aspetti non strettamente clinici legati alla patologia, come quelli psicologici, la qualità di vita e l’impatto sociale;
  • Le società scientifiche o le associazioni di pazienti, costruiscono un database qualificato, preziosissimo per supportare iniziative di advocacy presso le istituzioni, e contribuiscono alla sensibilizzazione presso il pubblico.

Le aziende, infine, supportano in modo incondizionato un’iniziativa eticamente valida e socialmente utile, svincolando la propria immagine da qualsiasi logica promozionale.

In altre parole, si qualificano agli occhi del paziente.

La comunicazione interna ha risvegliato molte coscienze con l’avvento dei social, che offrono la possibilità, per chiunque ci lavori, di improvvisarsi portavoce dell’azienda, diffondendo anche troppo facilmente informazioni non filtrate. Comunicare fuori senza farlo dentro mina la credibilità dell’azienda quando il pubblico percepisce incoerenza tra i canali ufficiali e quelli ufficiosi, come gli account sociali dei suoi dipendenti. Idealmente, non dovrebbe esserci separazione tra la comunicazione interna e quella esterna, ma un’unica coerenza nella dichiarazione di valori, obiettivi e intenti.

Quando si tratta di agevolare i contatti tra persone lontane tra loro e dalla sede centrale, la tecnologia è lo strumento per tenere unita l’azienda. Le imprese più illuminate mettono a disposizione e incoraggiano l’utilizzo di piattaforme digitali, veri e propri social network aziendali che consentono lo scambio di idee e il dialogo interattivo su un registro più informale rispetto ai canali ufficiali. Il dipendente si trasforma in creatore di contenuti aziendali e partecipa allo sviluppo delle idee, con benefici sia in termini di produttività che di motivazione.

Il premio è trasformare un dipendente indifferente o insoddisfatto in un ambasciatore dell’azienda.

L’ha fatto IBM che, già nel 2002, decise di affidare ad un pioneristico forum, aperto a tutti i dipendenti,  la rinascita dei valori aziendali: da questa collaborazione partecipativa nacquero Innovation that matters e Dedication to every client’s success.

Per i dipendenti delle nostre aziende clienti, anche noi abbiamo sfruttato le funzionalità avanzate del web,  mettendole al servizio della comunicazione aziendale, attraverso programmi interattivi di formazione e valutazione residenti in apposite aree riservate, dove si può pubblicare materiale multimediale, lanciare contest, surveys e sessioni interattive. Le stesse aree favoriscono la scorrevolezza dei flussi informativi,  perché automatizzano gli atti manuali, come le notifiche di pubblicazione e presa visione. Indispensabili per gli aggiornamenti di SOP e Smpc, e utili in occasione di certificazioni o audit. In sintesi, accorciano le distanze, automatizzano le procedure, motivano le persone.

Potere, Legittimità, Urgenza

Esistono stakeholder che hanno sempre potere e legittimità di esercitare un’influenza sull’azienda e che in alcune circostanze ne hanno anche l’urgenza: ad esempio, l’esclusione di alcuni gruppi di pazienti dalle politiche di rimborso di un farmaco costoso potrebbe accendere riflettori indesiderati anche sull’azienda, che sarebbe poi chiamata a gestirli in emergenza.

Anche in questi casi il dialogo può essere una strategia vincente, specialmente se continuo e non meramente funzionale alla risoluzione della crisi. I programmi di Corporate Social Responsibility, spesso gestiti su piattafome tecnologiche evolute, hanno obiettivo di costruire relazioni solide con le comunità rilevanti in un’ottica collaborativa, anticipando le possibili criticità e mitigandone le fasi acute attraverso una politica di trasparenza.

Sono proprio le corporations dei settori più controversi a beneficiarne, com’è il caso della British American Tobacco, che ha sviluppato un programma CSR “compensativo” rispetto al reale conflitto, evidenziando i propri elevati codici di eticità nella conduzione del business “dal raccolto al consumatore”: abolizione del lavoro minorile, supporto alle comunità di coltivatori, contenimento delle emissioni nocive, investendo al contempo nella ricerca di soluzioni per sigarette meno dannose e in programmi di prevenzione per i più giovani.

Le narrazioni vicine ai temi esistenziali e la continuità del dialogo permettono di costruire relazioni autentiche, come se l’azienda parlasse da persona ad altre persone. E si è sempre molto più vicini ad una persona di quanto si potrà mai esserlo ad un’azienda.

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